Fin
dalle scuole primarie, ci hanno insegnato che le operazioni
elementari dell’aritmetica (e dell’algebra) sono quattro:
addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione, le famose
“quattro operazioni”. Se un giovane allievo avesse dubbi in
proposito, il suo destino sarebbe segnato da un’inesorabile
bocciatura. Più tardi, al tempo delle medie e del liceo, si
scopre improvvisamente che questo non è vero e che, in realtà,
le operazioni elementari dell’algebra sono soltanto due:
l’addizione e la moltiplicazione. Le altre compagne di viaggio
non sono nient’altro che le due operazioni inverse, ciascuna
associata ad una delle prime: la sottrazione all’addizione e la
divisione alla moltiplicazione, rispettivamente. Se
infatti si prende in considerazione il numero c,
tale che:
c
= a + b ,
questo
implica che:
a = c – b
e b
= c – a.
oppure, se si ha che:
c = a . b ,
ciò
significa che:
a = c / b
e b
= c / a.
Sommessamente,
l’allievo viene anche informato che, in verità, soltanto una
delle due operazioni dirette è veramente elementare,
l’addizione, poiché la moltiplicazione può intendersi come una
sorta di riassunto dell’altra, il che è evidente almeno nel
caso dei numeri interi (4 . 3 = 3 . 4 = 4 + 4 + 4 = 3 + 3 +3
+ 3)!
Si
nota poi con sorpresa che, contrariamente a quelle dirette (a
+ b = b + a;
a . b = b . a), le due operazioni inverse sopra
definite non sono “commutative”, cioè che si ha che (con ≠
da leggersi “differente da”)
c
- a ≠ a - c
c
/ a ≠ a / c
Infatti:
5 – 2 = 3 ;
2 – 5 = - 3
e:
6 / 3 = 2 ;
3 / 6 = 0,5
Inoltre,
è abbastanza sconvolgente rendersi conto del fatto che togliendo
cinque mele da un cesto, che ne contiene solo due, si giunga
all’assurdo algebrico di “meno tre mele”. Invece, più
vicino al buon senso comune sembrerebbe la situazione in cui,
dividendo per sei un cesto con tre uova fresche, si ottenga come
risultato “mezzo uovo fresco”, anche se difficile da
gestire. Però, una volta ingoiato il rospo (o, meglio, i rospi),
si scoprono i numeri “relativi”, cioè interi negativi
e positivi ed i numeri frazionari. Questi ultimi, assieme ai
relativi, portano alla definizione dei numeri detti “razionali”,
cioè esprimibili come rapporti fra numeri relativi, cioè fra
interi col segno più e col segno meno. Si potrebbe dire che le
operazioni aritmetiche inverse sono “prolifiche”, nel senso
che, per essere sempre eseguibili partendo dai numeri interi
naturali, generano, o permettono di definire, nuove classi di
numeri.
L’apprendimento
della geometria elementare e dei primi rudimenti delle scienze
fisiche conducono poi a constatare che esistono anche altri
importantissimi numeri non razionali (irrazionali), cioè
non esprimibili mediante rapporti fra numeri interi relativi, cosa
che mise in subbuglio i matematici ed i filosofi dell’antica
Grecia. La lunghezza della diagonale di un quadrato di lato uno
(p. es.: 1 m), per esempio, non si può esprimere
come rapporto fra numeri interi ed è quindi “irrazionale”,
come pure irrazionale è il rapporto fra la lunghezza di qualsiasi
circonferenza ed il relativo diametro. La differenza fra i due
casi è che la diagonale del quadrato unitario, grazie al
famigerato “Teorema di Pitagora”, misura
metri, mentre il
rapporto π fra la circonferenza ed il diametro non è
neppure esprimibile con radicali od altre note espressioni
algebriche elementari. È un numero irrazionale detto “trascendente”.
Ma
come sono apparsi numeri come
? Ciò è avvenuto partendo dalla constatazione che la
moltiplicazione di una quantità x per se stessa,
diciamo n volte, portava alla definizione di una
nuova operazione algebrica (ancora … una?), nel modo seguente:
x
. x . x . x . …. (n
volte) = x n =
x ^ n (notazione
dei calcolatori tascabili).
Come
si sa, tale nuova operazione è chiamata elevazione a potenza o,
semplicemente, “potenza” ed è una delle cause dei
primi fenomeni di rigetto delle scienze esatte da parte
dell’ingenuo allievo delle medie e dei licei.. È importante
osservare che l’introduzione dell’operazione potenza ha
permesso la definizione e lo studio delle equazioni algebriche,
prima fra tutte la famosa equazione di secondo grado, che è
notoriamente del tipo ax2 + bx + c = 0,
ed attorno alla quale si sono consumati molti sacrifici di
studenti all’esame di maturità.
Appare
a questo punto evidente che un parallelismo può essere stabilito
fra la definizione della moltiplicazione come un’addizione
iterativa (5 + 5 + 5 = 5 . 3) e quella della potenza
come una moltiplicazione iterativa (5 . 5 . 5 = 5 ^ 3 = 5
3). La potenza, in tal caso, risulta semplicemente
come la notazione abbreviata o concisa (il … riassunto) di una
moltiplicazione ripetuta, il che è nuovamente evidente nel caso
dei numeri interi. Però, se il risultato ottenuto mediante la
nuova definizione è certamente utile, vero è che le operazioni
fondamentali, anche se non vogliamo più chiamarle elementari,
diventano tre (addizione, moltiplicazione e …
potenza), invece che due.
Un fatto
realmente sconvolgente è la constatazione che l’operazione
(diretta) di elevazione a potenza non è essa stessa commutativa,
cioè che si ha:
a
b ≠ b a che si può scrivere come a
^ b ≠ b ^ a.
Per
esempio, è risaputo che: 2 3 = 2 ^ 3 = 8
mentre:
3 2 = 3 ^ 2 = 9.
Ciò
implica immediatamente che l’elevazione a potenza deve avere due
operazioni inverse invece di una (come succede per l’addizione e
per la moltiplicazione), quella “vista da destra” e
quella “vista da sinistra”. Prendiamo in
considerazione, per esempio, l’espressione seguente:
100
= 10 2 = 10 ^ 2.
Ebbene,
le due operazioni inverse, che agiscono sullo stesso
“operando” 100, sono:
- inversa sinistra
10 =
detta estrazione
di radice (nell’esempio: quadrata)
- inversa destra
2 = log
10 100
detta logaritmo (nell’esempio: a base 10).
Gli
“addetti ai lavori”, come pure chi ha dovuto subirli come
esaminatori, sono perfettamente al corrente che tali due
operazioni inverse, per essere eseguibili, hanno fatto apparire
nuove classi di numeri, “reali” e “complessi”.
Noto infatti è lo stupore prodotto negli allievi ignari ed
innocenti da espressioni “impossibili” come le radici quadrate
di numeri negativi, che hanno introdotto le componenti “immaginarie”
dei numeri complessi. Anche il grande Eulero rimase esterrefatto
quando scoprì che, una volta ammesso che esista il numero i,
unità immaginaria, definita come i 2 = -1,
che è già una … cosa dell’altro mondo, e una volta definiti
i numeri e e π (entrambi
trascendenti), si potesse dimostrare che si ha:
e π i = -1.
Tale
formula, presentata ad una persona non avvertita, può produrre
uno choc tale da distoglierlo per sempre dallo studio delle
scienze esatte. Per non parlare dei logaritmi dei numeri negativi,
su cui sono apparsi dei libri serissimi e che certi
rispettabilissimi matematici hanno definito … un’assurdità.
Ma quante sono,
finalmente le operazioni fondamentali (dirette) dell’algebra e
come si può controllare la prolificità delle loro operazioni
inverse ? Esiste una risposta a tale domanda, o la risposta non
esiste e la matematica, contrariamente a quanto si crede, è,
effettivamente, … un’opinione ?
Pare
che gli schemi ternari (a tre livelli) rappresentino, per molte
culture e civiltà, delle strutture logiche fondamentali e
profonde dalle quali è difficile prescindere (le tre persone dei
verbi, i tre poteri dello stato, le tre Virtù teologali, il Terzo
Mondo, i danni contro terzi, ecc.), con sorprendenti e misteriose
corrispondenze nelle scienze fisiche (i tre stati d’aggregazione
della materia, le tre dimensioni dello spazio ordinario, ecc.). La
parola TRES,
tre in latino, ma di antichissima origine indoeuropea, avrebbe
un’etimologia simile a quella di TRANS,
col significato di oltre, al-di-là. Si dice che certe etnie
primitive sapessero contare effettivamente fino a tre, che
rappresentava per loro la frontiera logica delle misure
immediatamente accessibili allo spirito umano. Oltre, c’era
l’inaccessibile, o il difficilmente accessibile, ad un’analisi
immediata. Uno, due, tre (col senso di “oltre”), oltre il
quale c’è ... l’aldilà, per non dire l’immensità o …
l’infinito. Le operazioni fondamentali dell’algebra,
finalmente, quante sono: una, due, tre, forse quattro ? Di più? Forse
infinite? Pourquoi pas ?!
Chi
si è avvicinato alle scienze dell’informazione ed
all’informatica teorica ha certamente avuto fra le mani degli
indizi che lasciano supporre che esista una gerarchia delle
operazioni algebriche con un numero di livelli molto più grande
di quanto generalmente si supponesse. In particolare, l’analisi
della durata di calcolo dei computer superpotenti (il cosiddetto
“calcolo intensivo”), fa apparire espressioni in cui
figurano delle elevazioni a potenza ripetute (o iterative). Per
esempio, si possono incontrare formule che coinvolgono una
variabile x, elevata “n volte a se
stessa”, del tipo seguente (con la convenzione di dare la
priorità al calcolo degli esponenti):
…. (n
volte) = n
x = x # n
(nuove notazioni).
A
tale nuova operazione, da parte di alcuni ricercatori nel campo
della teoria dei numeri o dell’intelligenza artificiale (AI) o
da qualche adepto di matematica … ricreativa, sono stati
proposti i nomi di “torre” (per l’assonanza, in
inglese, fra “power” e “tower”, da alcuni
definita come “power tower”, torre di potenze)
o di “tetrazione” , con riferimento al fatto che
si trova al quarto livello di concisione.
Ma, allora, le operazioni fondamentali sono forse,
nuovamente, quattro (addizione,
moltiplicazione, potenza e tetrazione) ?
Negli
ultimi anni del ventesimo secolo, ha incominciato a serpeggiare la
convinzione che l’operazione torre meritasse uno studio più
approfondito, potendo avere un’applicazione notevole nella
rappresentazione di grandissimi numeri. Infatti, un’espressione
semplicissima come dieci-torre-tre (o dieci-tetrato-tre)
rappresenta un numero immenso, come si può osservare dagli
sviluppi seguenti:
3
10 = 10 # 3 = 10 ^ (10 ^ 10) = 10 ^ 10.000.000.000 = 10
10.000.000.000.
Il
risultato dell’operazione è un numero rappresentabile da un 1,
seguito da … 10 miliardi zeri. Non esistono praticamente
misure fisiche di tale ordine di grandezza, tranne nel campo della
teoria delle probabilità o, appunto, del calcolo intensivo. Se,
poi, si cercasse d’immaginare che cosa può rappresentare un
numero come 10 # 4 (dieci-torre-quattro), si
potrebbe incominciare ad intuire il senso dell’immensità (si
tratta di un 1 seguito da
10 10.000.000.000
zeri, una cosa assolutamente … demenziale). Ma questo è
soltanto l’inizio.
Nel
2001, navigando nella tela dell’Internet, l’autore di queste
righe (Giovanni F. Romerio, socio del Rotary Club di Saluzzo) ha
avuto la fortuna di scambiare delle note con Constantin Rubtsov,
ricercatore di Belgorod, Russia, una città industriale situata
nelle vicinanze della frontiera ucraina, entrambi ingegneri ed
entrambi con qualche pallino matematico. Rubtsov, nel frattempo (e
per conto suo) aveva già sviluppato delle ricerche
interessantissime sulla gerarchia dei livelli, riuscendo perfino a
definire un’operazione di livello zero, cui si è convenuto di
imporre il nome di “zerazione”. Il risultato dello
scambio di note si è concretizzato in un testo, in inglese, con
il titolo “Ackermann’s
Function and New Arithmetical Operations”
(clccabile).
Gli
autori del testo hanno concordato di denominare “iperoperazione
di rango s” (rank s hyperoperation) una
qualsiasi operazione della gerarchia, restando inteso che i
livelli (ranghi) delle iperoperazioni iniziano come segue:
livello
0
zerazione
a ° b
livello 1
addizione
a + b
livello 2
moltiplicazione
a . b
livello 3
potenza
a ^ b = a b
livello
4
tetrazione (torre)
a # b = b a
………
……………..
………….
(ecc.)
Il
testo ha un carattere compreso fra il divulgativo ed il
“situation paper”, forse con i difetti e le qualità di
entrambi. Le novità del contenuto, almeno per chi ha curiosità
in queste cose, sono il livello zero (la “zerazione” di
Rubtsov), la “tetrazione” con le relative operazioni
inverse (superradice e superlogaritmo) e la parola “ecc.”
(eccetera), che implica che si tratta di una … gerarchia
infinita.
Il
testo è stato sottoposto all’esame critico del Dipartimento di
Matematica del Politecnico di Torino, della direzione generale
dell’Istituto Battelle di Ginevra e del centro di ricerche
dell’istituto Wolfram Research Inc., Champaign, Illinois, USA.
Il prof. Stephen Wolfram, direttore del centro, autore del famoso
software Mathematica ( vedi: http://www.wolfram.com/company)
e di un libro, anch’esso famosissimo, intitolato NKS
(A New Kind of Science, vedi: http://www.wolframscience.com/thebook.html
), ha deciso d’includere il testo nella bibliografia del suo
libro, periodicamente aggiornato e ripubblicato negli USA
(Vedi:
http://www.wolframscience.com/reference/bibliography.html
)
Uno
degli autori si ricorda che, negli anni ’80, mentre stava
acquistando una copia di un noto periodico scientifico presso il
drugstore dei
Champs Élisées
di Parigi,
sentì la voce della ragazza dell’edicola che diceva “Quand
vous l’aurez fait,
téléphonez moi!
(Mi telefoni, quando l’avrà fatto!)”. Fatto cosa,
pensò. Poi, lesse il titolo sulla copertina “Comprendre l’Infini”
(Capire, o comprendere, … l’infinito!) e rispose: “Certainement,
madame, c’est promis”. Ora, è chiaro che l’infinito non
può, per definizione, essere … compreso (in che cosa?). Ma è
anche evidente che le iperoperazioni possono dare l’idea, non
proprio dell’infinito, ma almeno dell’immensità. Bisognerebbe
telefonare a quella signora, per informarla. Ogni promessa è
debito. Ma come fare per rintracciarla, dopo così tanto tempo …
!
Gli
autori dell’articolo, G. F. Romerio e C. Rubtsov, ringraziano
sentitamente il Consiglio Direttivo del Rotary Club di Saluzzo e,
in particolare, il presidente prof. Bruno Rossi ed il Socio
Silvano Rolando, titolare della società Esroland,
per la squisita cortesia di aver accettato di pubblicare il loro
testo nel sito Internet del Club.
Cielo e mare.
M’illumino …. d’immenso.
(Giuseppe Ungaretti)
Ackermann’s
Function and New Arithmetical Operations
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